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Infine, dai conflitti, è nata l’Europa Unita

„L’anno 1914 non segna solo il principio della prima guerra mondiale, ma rappresenta un momento periodizzante che cancella definitivamente il vecchio mondo ottocentesco, dando avvio, nella maniera più drammatica, al nuovo secolo. Non solo. Quell’anno dà inizio a quella che è stata definita «guerra dei Trent'anni del XX secolo» o anche «guerra civile europea». Due guerre mondiali che causano milioni di morti, che vedono la tecnologia al servizio dello sterminio e che ridisegnano il mondo e i suoi equilibri geopolitici in maniera del tutto nuova.
Quel crogiolo di sangue senza precedenti ha mosso la riflessione e l’azione politica che hanno condotto al non facile processo di unificazione europea. Un progetto che aveva quale obiettivo primario quello di rendere impossibili ulteriori guerre nel continente e che ci ha effettivamente regalato un lungo periodo di pace. Pensare oggi alla prima guerra mondiale può essere anche l’occasione per riflettere sulla tragedia che indirettamente ha dato origine a un tentativo di integrazione di cui oggi si parla soprattutto per sottolinearne debolezze e contraddizioni, ma che rappresenta comunque un risultato non scontato, che proprio alla luce della storia meriterebbe un ripensamento e un rilancio su basi nuove.”

 

 

Considerazioni di Andrea Di Michele, ricercatore presso il Centro di storia regionale della Libera Università di Bolzano

(cartolina dell'epoca, tratta dalla collezione privata della famiglia Bertoldi)


Lo sapevi che...

... la guerra ha cambiato sostanzialmente la vita dei bambini e dei giovani?

Essere giovane in quegli anni ha significato dover fare i conti con una situazione nutrizionale molto difficile e con il fatto di doversi sobbarcare del duro lavoro per portare avanti le attività del maso, dal momento in cui la mano d’opera maschile adulta era impegnata in guerra. Nelle vicinanze del fronte la situazione, già difficile ovunque, peggiorava ulteriormente: soldati in ritiro, feriti, fuggiaschi, scorrerie, il rombo incessante dei canoni lasciarono dietro di sé ricordi traumatici. Se la vita in campagna era caratterizzata da duro lavoro, stenti e privazioni già prima dell’inizio della guerra, con il conflitto la situazione peggiorò di molto. Bambini e ragazzi furono impiegati in lavori legati o comunque conseguenti alla guerra in una misura fino a quel momento sconosciuta. Molti di loro persero i padri e i fratelli maggiori in guerra e dovettero ben presto assumere il ruolo di capofamiglia. Inoltre, a partire dal 1915, molti di loro dovettero combattere sul fronte tirolese come Standschützen, mal addestrati e inesperti, e non tornarono più a casa.

... anche i bambini e gli adolescenti dovevano svolgere "lavori funzionali alla guerra"?

Il lavoro dei bambini in agricoltura, ma anche in casa, divenne indispensabile. Con gli uomini impegnati al fronte, il compito di garantire la continuità delle coltivazioni e dell’allevamento del bestiame venne a gravare interamente sulle spalle delle donne, degli anziani, dei ragazzi e delle ragazze. Al punto tale che anche i consigli scolastici dovettero ben presto rendersi conto che i ragazzi non potevano astenersi dal lavoro agricolo e domestico e furono così autorizzati, nei casi più complessi, ad esentare gli alunni dall’obbligo scolastico per tutta la durata della guerra.

.... le alunne lavoravano a maglia, facendo calzini per i soldati?

Il lavoro manuale di donne e ragazze costituì un grande e indispensabile contributo sul fronte interno: i vestiti dovevano essere rammendati e rattoppati, guanti, scaldamuscoli da polso, vestiti di lana di tutti i tipi dovevano essere lavorati a maglia.

A livello regionale esistono delle precise annotazioni sul vestiario che fu realizzato nelle scuole e sul materiale raccolto. A Tures, per esempio, fu orgogliosamente e minuziosamente redatto un diario che testimonia del preciso numero dei capi messi a punto dagli alunni: "Gli studenti della nostra scuola hanno contribuito in maniera rilevante alla guerra: sono state raccolte 2 grandi casse di materiale di vario tipo ad uso dei soldati per un peso totale di 80 kg. Nel corso dell’inverno 1914-1915 le ragazze hanno fatto a maglia 145 paia di calzini, 25 copri cosce, 82 cuffie proteggi neve, 40 paia di scalda polsi, 8 coppie di scaldini da ginocchio, 3 paia di guanti, 1 pancera e hanno inoltre tolto innumerevoli punti di sutura ai soldati; sono stati raccolti dagli studenti 3 grandi sacchi pieni di foglie di fragole e di more nonché metalli, scampoli di lana e resti di gomma. Sono stati raccolti in totale 64K in denaro per la Croce Rossa, per il fondo degli orfani di guerra e delle vedove. A fine novembre 1915 sono stati spediti 80 cartoni di doni per Natale” (Cfr Feichter, Joseph: Tures scuola e cronaca generale, Mills 1984, pag 37.)

Testi di Mag. Beate Auer, Università di Innsbruck


convogli in partenza dalla stazione di Trento

Lo sapevi che...

...i richiamati della leva obbligatoria appresero da un manifesto che dovevano partire per la guerra?

Tra il 31 luglio e l'1 agosto 1914 arrivarono in tutto l'impero i manifesti della mobilitazione generale. L'imperatore Francesco Giuseppe chiamava alle armi i suoi sudditi dai 21 ai 42 anni. In Trentino migliaia di uomini affluirono alle rispettive caserme, per essere inquadrati nei quattro reggimenti Kaiserjäger, l'esercito comune, nei tre reggimenti di montagna, i Landesschützen, e nella milizia territoriale Landsturm. Durante il conflitto la mobilitazione si estenderà agli uomini abili dai 18 ai 50 anni. Dal Trentino partiranno 60.000 uomini con la divisa imperiale, un quinto di questi uomini morirà a causa del conflitto. Circa 700 trentini scelsero invece di arruolarsi volontari nell’esercito italiano.

...la Galizia è una regione tra Ucraina e Polonia?

La destinazione dei soldati trentini fu soprattutto il fronte orientale. Un lungo viaggio in treno portava questi uomini nel territorio del regno di Galizia, oggi suddiviso tra Polonia e Ucraina, l'entità amministrativa più settentrionale dell'impero, separata dall'Ungheria dalla catena dei monti Carpazi e pianeggiante verso i territorio tedeschi e russi. Un territorio di confine, prevalentemente agricolo, in cui la popolazione locale, ripartita tra le etnie polacca e rutena (ucraini), era estremamente povera. Leopoli, Lemberg in tedesco e Lwòw in polacco, era la sua capitale; Cracovia, in tedesco Krakau e Krakòw in polacco, la seconda città per importanza. Queste due città, assieme a Przemyśl, erano delle grandi piazzeforti poste a difesa di una possibile aggressione russa, ma anche strategiche per un'offensiva contro l'impero zarista.

...i Trentini con la divisa austroungarica si trovarono a combattere contro i Russi?

Nell'agosto 1914 la Galizia si trasformò in un vasto campo di battaglia, dove si fronteggiavano l'esercito austroungarico e quello russo. Nel primo mese gli scontri furono violentissimi; i soldati trentini si trovarono a combattere in sanguinose battaglie, travolti dalla controffensiva russa che si spinse nella Galizia orientale e centrale nell'ottobre 1914. Gli austriaci ripararono sui Carpazi e la fortezza di Przemyśl divenne l’ultimo baluardo di difesa. Assediata dai russi dall'11 novembre 1914, si arrese soltanto il 22 marzo 1915. Al termine del primo anno di guerra l'Impero austroungarico perse 994.000 uomini, più di un milione quello zarista. 15.000-20.000 tirolesi di lingua italiana finirono anche prigionieri, dispersi negli enormi spazi della Russia.

Mostre:

Alle Gallerie di Piedicastello la Galleria Bianca è dedicata alla primo conflitto mondiale con le mostre «I trentini nella guerra europea 1914-1920» e «Città fortezza – Trento 1915-1918».

Apertura dal martedì alla domenica 9.00 - 18.00, ingresso gratuito.

www.museostorico.it

Libro:

I dimenticati della Grande Guerra – La memoria dei combattenti trentini (1914 – 1920) di Antonelli Quinto.


... il Tirolo era dipendente da ll’ importazione di alimenti?

Nonostante il Tirolo fosse una regione a vocazione agricola, non era in grado di sfamare la sua popolazione. Mentre il Tirolo del Nord era caratterizzato da silvicoltura e pastorizia, in Sudtirolo prevaleva la produzione del vino e la frutticoltura; alimenti di primaria importanza come cereali, patate e mais venivano coltivati in quantità minori e dovevano essere importanti dalle altre regioni della monarchia, soprattutto dall’Ungheria e dalla Galizia, oppure dall’estero. Con lo scoppio della guerra, tuttavia, gli alleati imposero il blocco economico, privando in tal modo l’Austro- Ungheria della possibilità di importare gli alimenti di cui erano sprovvisti; in particolare il Tirolo, al margine occidentale della Monarchia, soffrì di questa limitazione. Sin dall’inizio del conflitto, pertanto, il cibo scarseggiava. Tramite le carte annonarie si cercò di distribuire quel po’ che c’era in maniera la più equa possibile e lo Stato determinò il fabbisogno nutrizionale quotidiano e il quantitativo massimo per tipologia di alimento che il singolo poteva acquistare. Considerato che molti alimenti erano disponibili soltanto in quantità molto ridotta rispetto al fabbisogno, lunghe code all’alba divennero una realtà quotidiana.

... non di raro "Il pane di guerra" conteneva segatura?

Per contrastare la carenza di alimenti base, si adottavano tutte le soluzioni possibili, spesso a discapito della qualità. Già a partire dall’ ottobre 1914 si poteva acquistare quasi unicamente solo il cosiddetti "pane di guerra", che conteneva, accanto alla segale o alla farina di frumento, anche farina di mais o fecola di patate, financo segatura. Nel 1918 la mancanza di cereali diminuì la qualità del pane al punto tale che non era più possibile tagliarlo senza sbriciolarlo completamente. Spesso si ricorreva a sostituti che non erano neanche destinati al consumo umano, come il caso della segatura; in altri casi si utilizzavano preparati con la mera funzione di ingannare il consumatore, spesso addirittura tossici. Come nel caso di un colorante a base di catrame che veniva impiegato della preparazione di dolci al posto dell’uovo.

... la fame è stato uno dei fattori determinanti per la vittoria degli alleati?

Dopo più di quattro anni di guerra e carestia gli Imperi Centrali erano giunti allo stremo delle forze. Entro il 1918 il valore nutrizionale spettante al singolo era stato ridotto a 830 Kcal (3.500 Kj); un quarto rispetto al fabbisogno medio quotidiano di oggi. In Tirolo la situazione era particolarmente pesante. Infatti, dopo l'entrata la guerra dell’Italia, il Tirolo doveva accogliere e provvedere a molti soldati stazionati sul fronte. La marcata malnutrizione protratta su un lungo periodo danneggiò in particolare il sistema immunitario; di conseguenza le persone divennero sempre più vulnerabile a tutti i tipi di malattie infettive; perirono in particolare anziani e bambini. Negli anni 1918 e 1919 ad Innsbruck vennero registrati più decessi che nascite. La popolazione moriva di privazioni, cosa che influì in modo determinante alla vittoria degli alleati.

(testi forniti da Matthias König dell’Università di Innsbruck)


lettera confiscato al campo di prigionia di Katzenau (A)

... 1 soldato su 8 fu fatto prigioniero nel corso del conflitto?

Dei circa 73 milioni di chiamate alle armi un soldato su otto fu fatto prigioniero di guerra; per molti di questi il ritorno a casa fu possibile soltanto dopo lunghi anni di prigionia. I campi di prigionia degli Stati coinvolti dal conflitto furono riempiti oltre all’inverosimile. La sola Austro-Ungheria si è trovata a dover far fronte all’alloggio, il sostentamento e la cura di ben 1,8 – 2,4 milioni di soldati prigionieri, compito al quale gli Stati non sempre erano preparati. Nel lager di Mauthausen, ad esempio, nell’inverno 1914/15 12.000 prigionieri morirono di tifo.

... i prigionieri russi hanno costruito strade e ferrovie?

A partire dal 1915 i prigionieri furono impiegati per lavori nella silvi- e agricoltura, ma anche per la costruzione di strade e ferrovie. In breve tempo il Tirolo storico (Tirolo austriaco, Sud Tirolo e Trentino) vide impiegati in detti lavori tra i 20.000 e i 25.000 prigionieri russi. Buona parte di questi ultimi fu impiegata nella costruzione e nel risanamento delle infrastrutture, in particolare della rete ferroviaria. I cantieri più importanti si trovavano nell’odierno Sudtirolo; tra il 1915 e il 1916 quasi 6.000 prigionieri erano impiegati nella costruzione della ferrovia della Val Gardena tra Chiusa e Plan. Questo tratto di linea, infatti, rivestiva un’importanza strategica per il rifornimento del fronte dolomitico.

 

... l’alto numero di prigionieri ha creato grandi problemi nell’approvvigionamento alimentare?

Benché i prigionieri costituissero valida mano d’opera a buon mercato, bisognava comunque provvedere al loro vitto e alloggio in un momento, in cui anche la popolazione soffriva di grandi privazioni. Un esempio per tutti: secondo una testimone del tempo nel 1915 un paesino della Val Gardena contava il doppio di prigionieri rispetto agli abitanti. Si rese pertanto necessaria la costruzione di un forno supplementare da parte dei russi per sfamare i ben 8.000 prigionieri. Col passare degli anni, tuttavia, gli alimenti divennero sempre più scarsi. I prigionieri impiegati nei campi e nell’agricoltura godevano di una condizione di poco migliore rispetto a quelli attivi nella costruzione delle infrastrutture. Ma anche loro furono ben presto rispediti nei grandi campi di prigionia per la crescente impossibilità a far fronte al loro sostentamento.

Per approfondire segui il seminario: "Kriegsgefangenschaft 1914-1918 aus internationaler, österreichisch-ungarischer und Tiroler Perspektive“ von Matthias Egger, Universität Innsbruck (video).

(testi forniti da Corinna Zangerl dell’Università di Innsbruck)


...il 1914 è anche l’anno che, per convenzione, indica la nascita del linguaggio cinematografico?

E’ andata consolidandosi la tesi che il 1914, oltre ad essere l’anno di scoppio della Prima guerra mondiale, indichi la nascita del linguaggio cinematografico. Sicuramente la Grande Guerra presenta delle caratteristiche e delle novità che offrono degli stimoli importanti al cinema e alla sua industria. Sarebbe banale ridurre questo rapporto ad esclusive esigenze propagandistiche e di comunicazione. Cinema e Grande Guerra si presentano nei loro rispettivi campi in modo dirompente e rivoluzionario. Sono portatrici di logiche e di esperienze completamente inedite. Il cinema è un mezzo che restituisce potenza e dinamicità, tramite il montaggio è possibile alternare campi, piani e movimenti. La Grande Guerra assume una forma tecnologica, meccanica e industriale. E’ una guerra radicalmente diversa da quella ottocentesca. Si passa dalla guerra di movimento a quella di posizione, e la rappresentazione non può essere più la stessa. Cinema e Grande guerra possono essere interpretati come due facce della modernità.

...il cinema tra il 1914 e il 1918 si dimostra incapace di dare conto delle caratteristiche più moderne e terrificanti della Grande Guerra?

E’ quello che emerge dall’interessante libro di Giaime Alonge, Cinema e guerra: il film, la Grande Guerra e l’immaginario bellico del Novecento (2001) e da altre importanti ricerche. Il film di finzione e i cosiddetti “film dal vero” rivelano la loro incapacità complessiva di rappresentare la novità terribile di quella guerra. Ciò avviene perché la guerra è cambiata. Non è più possibile osservare in modo chiaro il campo di battaglia e il comportamento degli eserciti. E’ sconveniente raccontare la morte di massa, le ferite e le mutilazioni, le psicosi. Si cercano faticosamente delle soluzioni. L’attenzione è rivolta ai singoli individui, in particolare regnanti e comandanti. Solo questi condottieri riescono a simboleggiare l’intera schiera (anonima) di combattenti. Quando il cineoperatore si discosta dai capi, deve riprendere moltitudini senza identità, soldati che marciano, prigionieri ammassati.

...tra i reparti americani impegnati sul fronte italiano vi sono anche i Signal Corps, che hanno il compito di documentare la spedizione e montare i cinegiornali?

Le prime truppe del corpo di spedizione americano giungono in Francia nel giugno del 1917. Nei primi mesi del 1918, in seguito all’offensiva austro – tedesca di Caporetto (24 ottobre 1917), i reparti americani giungono anche in Italia, in particolare in Veneto e in Friuli. Tra questi reparti vi sono anche i Signal Corps, specializzati in comunicazione, composti da cineoperatori, registi, tecnici che devono essere in grado di documentare quello che avviene sul fronte italiano. Non accederanno mai alla prima linea e le loro riprese sono interessanti per lo “sguardo” che offrono delle retrovie e in particolare delle città venete. E’ uno sguardo pieno di interesse e di stupore. L’obbiettivo, forse prioritario, è quello però di mostrare se stessi. Gli americani sono alti, forti, belli, ben nutriti e ben vestiti. Sembrano attori hollywoodiani, come ha osservato acutamente il ricercatore Luca Giuliani.

(Testi e immagini forniti da GIUSEPPE FERRANDI, Fondazione Museo storico del Trentino)


... buona parte dello sforzo bellico venne finanziato dall’emissione di titoli pubblici denominati “prestiti di guerra”?

Le vie principali che i paesi belligeranti intrapresero per raccogliere il denaro necessario per finanziare il conflitto erano: la tassazione, il debito pubblico e l’aumento della circolazione di moneta. Ma i “prestiti di guerra”, ossia le emissioni di titoli pubblici destinate a sostenere lo sforzo bellico, risultano particolarmente interessanti, sia perché dal punto di vista dei cittadini erano una forma meno oppressiva rispetto alla tassazione, sia perché furono accompagnati da una massiccia campagna propagandistica volta a indurre i risparmiatori all’acquisto. L’impero austro-ungarico spese per la guerra l’enorme cifra di 20 miliardi di corone-oro, corrispondenti grossomodo all’intero prodotto interno lordo del 1914. Il 40 % di tale importo venne finanziato aumentando l‘offerta di moneta e il 60 % attraverso i prestiti di guerra.

...durante la prima guerra mondiale i manifesti vennero impiegati come mezzi di comunicazione di massa ai fini propagandistici?

Durante la prima guerra mondiale il manifesto fungeva da vero e proprio giornale murale e veniva utilizzato dalle autorità per trasmettere ordini, diramare proclami e avvisi di mobilitazione, per motivare la popolazione nelle retrovie e come mezzo di propaganda.

I manifesti accompagnavano anche le emissioni dei prestiti di guerra e avevano lo scopo di indurre un numero elevato di investitori ad acquistare i titoli di stato. Sul territorio dell'impero austro-ungarico gli istituti di credito non lesinarono a impegnare noti cartellonisti, molti dei quali erano anche valenti pittori, e importanti case editrici per la realizzazione di questi manifesti in cui l’illustrazione o ancor più il messaggio subliminale ricopriva un ruolo determinante.

... a seguito dell’insufficiente circolazione di moneta metallica, nell’ottobre del 1918 il Comune di Bolzano emise i primi “voucher”?

Verso la fine del conflitto il prezzo dei metalli era salito vertiginosamente per l’enorme consumo che se ne faceva in guerra. La moneta metallica cominciò così a scarseggiare; diverse amministrazioni comunali corsero ai ripari emettendo dei buoni cartacei sostitutivi, il cosiddetto “Notgeld“ (denaro d’emergenza o di necessità). A Bolzano il Comune decise di ricorrere a questo mezzo alla fine di ottobre del 1918; il provvedimento fu però bloccato dall’amministrazione militare italiana, e così i buoni già stampati non entrarono mai in circolazione. Un’emissione autorizzata ebbe invece luogo nell’aprile del 1919, in prossimità della definitiva entrata in vigore della lira, ma il problema della carenza di moneta divisionaria continuò a persistere per diversi mesi.

La mostra "Beni e vite per la patria" del Museo Mercantile di Bolzano è aperta al pubblico fino al 31 ottobre 2015.

Testi ed immagine forniti dal Museo Mercantile di Bolzano/ Camera di Commercio.


Alpenkorps in Bozen

... già prima dello scoppio della Guerra le relazioni tra Austria e Italia erano molto tese?

Già dal 1882 la monarchia Austro-Ungarica e la neo-nata Italia potevano considerarsi “nemici alleati”- nonostante la sottoscrizione congiuntamente con la Germania del patto militare difensivo della “Triplice Alleanza”- per i contrapposti interessi dei reciproci territori confinanti. A ciò si aggiunse nel dicembre del 1912 la rinomina a generale di stato maggiore di Conrad von Hötzendorf, noto per la sua posizione a favore di una guerra preventiva contro l’Italia. Venne percepita altresì come una provocazione il cosiddetto “decreto Hohenlohe”, emanato nell’agosto del 1913 dal luogotenente di Trieste, Principe Konrad Hohenlohe, con il quale si sanciva il licenziamento di tutti i funzionari di cittadinanza non austriaca dall’amministrazione della città.

.... durante il periodo di neutralità, l’Italia giocò al rialzo sia con la Triplice che con gli Imperi Centrali?

Già a partire da luglio del ’14 il Trentino veniva considerato il compenso per la neutralità dell’Italia; ma Vienna declinò. Verso la fine del 1914 l’Italia, sentendo il suo appoggio da una parte o dall’altra come l’ago della bilancia decisivo per le sorti dell’esito della guerra, cominciò a negoziare separatamente sia con Vienna che con gli imperi centrali. Il Presidente dei Ministri Salandra definì questo atteggiamento come “sacro egoismo”: oltre ai territori di Trento e Trieste e l’Alto Adige fino al Brennero, il Trattato di Londra del 26 aprile 1915 contemplava anche la contea di Gorizia e Gradisca, l’intera Istria fino al Quarnaro e diverse isole istriane. Il 3 maggio l’Italia si sciolse dall’impegno con la Triplice e il 23 maggio del 1915 dichiarò guerra all’Austria – Ungheria.

... a partire dallo scoppio della Guerra, i militari austro-ungarici hanno acquisito poteri pressoché assoluti?

L’intervento italiano divenne un pretesto per esacerbare la propaganda e l’atteggiamento dei militari austro-ungarici contro il nemico giurato, il “welscher Erbfeind”. Lo strapotere dei militari si rivolse in particolare contro i Trentini: alto tradimento, lesa maestà, disturbo della quiete pubblica e spionaggio erano le sentenze più frequenti che uscivano dai tribunali militari austriaci. Nell’ambito militare giravano sospetti incontrollati di diffuse posizioni irredentistiche degli esponenti politici ed ecclesiastici, ma anche di buona parte della popolazione e dei soldati. Questi ultimi sono stati spostati in massa verso gli altri fronti di guerra.

(testi tratti dal libro: Nicola Labanca/Oswald Überegger (Hrsg.), Krieg in den Alpen. Österreich-Ungarn und Italien im Ersten Weltkrieg, Wien/Köln/Weimar 2014).


Caricatura Donne e soldato

... gli eventi della Prima Guerra Mondiale hanno contribuito all'emancipazione delle donne?

“Le donne sono divenute di gran lunga più indipendenti grazie alla guerra. Che ciò sia accaduto perché le mogli hanno portato avanti i mestieri dei loro mariti, perché esse hanno contribuito attivamente al mantenimento della famiglia grazie ad altre professioni o perché hanno svolto un lavoro da nubili, ne hanno indubbiamente guadagnato enormemente in indipendenza, esperienza di vita e conoscenza del mondo.” (Adelheid Steinmann, Jahrbuch des BDF 1918 „Frauenaufgaben in künftigen Deutschland)

Terminata la guerra e tornati gli uomini, però, la generale pretesa fu quella del ritorno delle donne al focolare domestico e in casa. In Italia, con l'affermazione del fascismo nel 1922, il processo di emancipazione, risvegliatosi dalla metà del XIX secolo, si arrestò bruscamente. Ma comunque un primo passo era stato compiuto.

... durante la Prima Guerra Mondiale le malattie veneree aumentarono di ca. il 50% ?

Tuttavia solo il 20 % dei casi d’infezione avvenne nei bordelli controllati al fronte; il restante 80 % dei contagi ebbe luogo in maniera incontrollata. Ma mentre l’incremento dell’attività sessuale degli uomini fu considerato come una naturale conseguenza delle accresciute pulsioni dell’uomo in guerra, la sessualità femminile fu vista molto negativamente. In breve tempo, ogni donna fosse accusata di “prostituzione segreta”, non appena avesse avuto un rapporto sessuale con uno o più uomini. Al solo sospetto di essere affette da una malattia venerea, le donne venivano prelevate dai pubblici organi esecutivi e internate negli ospedali. Anche qualora le accuse si fossero rivelate infondate, esse sarebbero rimaste marchiate a vita: dopo un’accusa del genere, infatti, una donna restava danneggiata nel mercato del lavoro e inoltre spesso era negato perfino il ritorno a casa, nel caso in cui l’abitazione si trovasse nei pressi dei campi di battaglia.

... solo di recente l'opinione pubblica ha iniziato a considerare la Prima Guerra Mondiale come una questione non esclusivamente maschile?

Sin da subito l´opinione politica concedeva assoluta priorità economica, sociale e culturale al fronte e ai soldati che vi combattevano. Rispetto a questo, quanto riguardava le donne e le giovani donne 'sul fronte interno', restava subordinato e giudicato inferiore. Il coinvolgimento e la partecipazione di molte donne agli avvenimenti della Prima guerra mondiale si dissolve completamente nella memoria collettiva, cercando in tal modo di mantenere intatta l'assegnazione dei ruoli pregressa. Il contributo delle donne è ricordato solo marginalmente e spesso è eliminato del tutto. E tutto ciò davanti all`evidente fusione di fronte, sia interno che esterno, l´aumento delle linee di combattimento contro la morte per la vita sono elementi in evidenza nella citazione di una contadina nata nel 1901: “… pieni di gioia sono andati in guerra in nome di Dio, per l´imperatore e per la patria, malati e cenciosi sono tornati in patria, la patria è diventata l´unica gioia

(testi forniti dal Museo della Donna, Merano)


Dalla Grande Guerra alla nascita dell’Europa di oggi.

Dieci ragioni per parlare insieme di Grande guerra

  1. Fino allo scoppio della Prima guerra mondiale le tre province che oggi cooperano nell’Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino erano parte di una stessa regione, il Tirolo. Allora come oggi vi si parlavano tre lingue: tedesco, italiano, ladino. A prima vista il cammino della storia sembra aver riportato le cose al punto di partenza. E’ così?
  2. Cento anni fa si viaggiava senza passaporto da Trento a Praga, da Bressanone a Graz e Cracovia, da Rovereto a Innsbruck e Leopoli, da Vienna a Budapest; la Prima guerra mondiale ha lasciato in eredità una selva di frontiere che oggi l’Unione Europea ha di nuovo abbattuto. Ma sulle frontiere dell’Europa, abbiamo prospettive di pace o minacce di guerra?
  3. Tra le eredità della Prima guerra mondiale ci sono stati il fascismo, il comunismo e il nazismo: non solo ideologie ma dittature violente e sopraffattrici. Le popolazioni che vivono nei territori dell’Euregio lo hanno sperimentato direttamente. Come parlarne?
  4. Teatro della Prima guerra mondiale sono state le montagne del fronte trentino-tirolese, assieme alle pianure del Belgio e della Francia, della Galizia e dell’Ucraina. Ma finita la guerra, le centinaia di chilometri di strade e di sentieri tracciati fino alle quote più elevate per portare i rifornimenti ai soldati, hanno permesso la “scoperta” di massa della montagna e l’accesso dei nostri monti al turismo. Ieri montagne in guerra, oggi montagne in pace?
  5. Durante la Prima guerra mondiale hanno combattuto sul fronte trentino-tirolese soldati austriaci, tedeschi e italiani, cechi e polacchi, ungheresi e bosniaci, croati e sloveni, francesi e inglesi, senza dimenticare i prigionieri russi e serbi condotti a lavorare sulle nostre montagne. Un “convegno di sangue” che, finita la guerra, ha disseminato il nome e l’immagine del Tirolo e del Trentino (fino al 1914 piuttosto marginali) nella coscienza dell’Europa, attraverso le centinaia di migliaia di reduci tornati alle loro case. Anche questa è una eredità della Grande Guerra. Il fatto che le montagne dove si è combattuto possano diventare già oggi un luogo europeo della memoria, cambia l’identità dell’Euregio?
  6. La Grande Guerra ha impresso ferite profonde al paesaggio delle nostre montagne. Trincee e forti restaurati, basamenti di baracche e gallerie, i 520 km del Sentiero della Pace sono diventati tratti permanenti del paesaggio, come i castelli e le dimore storiche. Ieri la Grande Guerra ha tolto l’innocenza alle montagne; oggi la memoria di quel conflitto le ha rese maggiormente una casa dell’uomo?
  7. La Grande Guerra ha lasciato dietro di sé un proliferare di nazionalismi aggressivi non di rado ancora vivi. Tuttavia la coscienza europea è nata da chi ha avuto il coraggio di proporre nuovi modi di pensare e nuove soluzioni per i vecchi problemi. E oggi?
  8. Dopo la Prima guerra mondiale era più ascoltato chi proclamava il dovere di avere una sola identità. Oggi abbiamo imparato che le identità convivono e possono rafforzare le prospettive di un futuro più aperto. Ma che cosa ci unisce, nelle differenze che ci caratterizzano?
  9. La Grande Emigrazione che a fine Ottocento vide partire migliaia di trentini e di tirolesi verso le Americhe, si è ripetuta con la Grande Guerra: nel 1914 decine di migliaia di uomini partirono per i fronti dell’Europa orientale, e più di centomila donne, vecchi e bambini furono cacciati dalle loro case dalla guerra imminente. Da allora per tutto il XX secolo le guerre hanno continuato a spostare masse di profughi (oggi li chiamiamo “migranti”). Come affrontiamo questo antico e nuovo problema?
  10. Le orchestrine militari austriache durante la Grande Guerra allietavano i soldati nelle immediate retrovie del fronte (sul Pasubio, ad esempio) eseguendo brani di autori tedeschi e italiani, ungheresi e francesi. La musica può essere anche oggi un linguaggio che supera i confini culturali.