Trasformazioni tecnologiche

Dolomiten, 29.08.1949

“Senso di umanità” o “cattedrali del progresso”?

La fonte del mese di luglio è un editoriale apparso nel quotidiano cattolico-conservatore di lingua tedesca Dolomiten in occasione dell’inaugurazione delle centrali idroelettriche di Castelbello e Glorenza nell’estate del 1949. L’articolo, presumibilmente firmato dal caporedattore canonico Michael Gamper, tratta della contrapposizione tra destini umani e progresso tecnologico in base agli sviluppi del settore idroelettrico in Val Venosta.

L’antefatto a questo articolo è la vicenda del lago artificiale di Resia, che funge da bacino di raccolta per le due centrali, alle quali l’acqua giunge tramite una condotta forzata in parte sotterranea. L’idea di sfruttare le risorse idriche dell’alta Venosta per la produzione di energia elettrica aveva preso piede immediatamente dopo l’annessione del Sudtirolo all’Italia. Negli anni Trenta, le autorità fasciste avevano approvato un progetto presentato dalla sussidiaria della Montecatini, la Società Elettrica Alto Adige (SEAA), che prevedeva l’unione dei tre laghi naturali della zona di passo Resia e un sostanziale innalzamento delle loro acque. I lavori di costruzione iniziarono nel 1939 e, dopo un interruzione a causa della guerra, ripresero nel 1946 grazie anche a un finanziamento svizzero. Fu solo nel secondo dopoguerra che divenne chiaro che la realizzazione del lago artificiale avrebbe reso necessaria la sommersione dei paesi di Curon e Resia, i cui abitanti furono espropriati e costretti all’evacuazione nonostante la loro strenua opposizione. 

Il giorno successivo alla messa in funzione delle centrali, il Dolomiten evidenziava come il sacrificio di Curon e Resia esemplificasse il dilemma esistente tra progresso tecnologico e destino umano. L’articolo affermava che, per meritare approvazione, la tecnica deve essere innanzitutto al servizio dell’umanità, anche quando i suoi vantaggi vengono colti principalmente al di fuori dei propri confini. Nell’opinione del quotidiano, dare energia e luce a milioni di persone era in un certo senso la “missione” di un paese di montagna come il Sudtirolo, a patto che questo non avvenisse nel nome del “capitale e dell’avidità intenta a saccheggiare le risorse altrui.” L’articolo sottolineava poi il principio secondo il quale lo sfruttamento delle risorse di un paese debba avvenire in un modo che non privi gli abitanti del territorio delle proprie possibilità di sostentamento. L’autore si diceva essere consapevole del fatto che, dall’avvento della ferrovia poi, le innovazioni tecnologiche avessero sempre richiesto dei compromessi, ma sosteneva di essere anche convinto che la relazione tra bene privato e pubblico non possa essere in equilibrio con intere comunità costrette ad abbandonare la propria casa. L’articolo accennava inoltre anche al problema dell’esproprio dei terreni che era avvenuto a prezzi dell’anteguerra e quindi a netto svantaggio dei proprietari, che in molti casi aspettavano ancora un’adeguata ricompensa. Nel complesso, il Dolomiten illustrava come gli abitanti di Curon e Resia avessero sofferto una terribile privazione in nome di un progresso che avrebbe beneficiato in prima linea la Montecatini e l’economia nazionale, ma certamente non loro stessi.  

Le vicende dell’alta Venosta avevano dato inizio a un confronto politico che coinvolse le autorità locali, lo stato italiano e la Santa Sede, ma che non sembrava catturare l’attenzione di un paese che vedeva nella ricostruzione dopo una dittatura ventennale e una guerra la sua priorità. La stampa nazionale, riportando la notizia dell’inaugurazione delle centrali, si astenne largamente dal commentare il costo umano della loro realizzazione. La Stampa, il quotidiano politicamente moderato di Torino, esaltava l’avanzamento tecnologico simboleggiato dalle “grandiose” centrali elettriche con un breve riferimento al “dolore non sopito dei valligiani costretti ad abbandonare la dimora alpina”, che peraltro veniva descritto essere sopportato con “virile fierezza”. L’Unità, organo ufficiale del PCI, dal canto suo accusava il governo di “monopolisti dell’elettricità” di avere costruito delle centrali incomplete, inadatte a risolvere la crisi energetica ed essenzialmente volte ad esportare energia in Svizzera. Il quotidiano condannava duramente le condizioni di lavoro della manodopera immigrata dal sud durante i lavori di costruzione, ma non faceva menzione dei villaggi evacuati, nonostante il fatto che l’autore dell’articolo fosse il Trentino Gino Lubich, autorevole componente delle brigate partigiane comuniste, certamente a conoscenza del destino dei paesi sommersi.

Il Dolomiten, come l’SVP, il partito le cui opinioni replicava, dava voce a un sentimento diffuso tra la popolazione sudtirolese, che percepiva l’industria idroelettrica italiana come simbolo di occupazione e sfruttamento, e che sarebbe anni dopo sfociato negli attacchi dinamitardi a centrali elettriche e tralicci dell’alta tensione. Le critiche del giornale erano indirizzate in particolare alla Montecatini, che non era solo stata il motore del progetto, ma era anche responsabile dell’arrivo di un ampio contingente di operai italiani. Questi ultimi, oltre a privare i locali di possibilità di impiego, erano anche percepiti come una minaccia all’identità etnico-culturale del Sudtirolo. Il giornale intravvedeva però una nota positiva nell’intervento di Degasperi, che nel suo discorso inaugurale aveva esortato la Montecatini a “soddisfare la popolazione in uno spirito di umanità e comprensione”. L’editoriale proseguiva dicendo che se la popolazione fosse stata risarcita adeguatamente, l’inaugurazione avrebbe potuto assumere il significato di una svolta positiva, anche se la Val Venosta era solo una piccola frazione del grande dilemma tra umanità e tecnica che si riproponeva ovunque. “Una felice soluzione dello stesso”, concludeva l’articolo, “è molto più facile da trovare nello spirito delle parole di Degasperi che da quello della sgradevole iscrizione commemorativa [sulle centrale] di Castelbello: “Cattedrali del progresso”.

 

Bibliografia:

Marco Balzano, Io resto qui, Torino, Einaudi, 2018.

Andrea Bonoldi, Tiziano Rosani (a cura di), I cantieri dell'energia 1946-1962. Impianti idroelettrici in Val Venosta e nelle Alpi centrali, Bolzano, La Fabbrica del Tempo, 2007.

Un breve filmato dell’inaugurazione è disponibile qui:

https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000014468/2/de-gasperi-inaugura-centrale-castelbello-grado-fornire-600-milioni-kilowattora.html&jsonVal=

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Alice Riegler

Progetto Historegio: "Le trasformazioni tecnologiche e le loro ricadute in area alpina: XIX-XX secolo"

Dipartimento di Economia e Management – Università degli Studi di Trento

Contatto: alice.riegler@unitn.it 

 

 

 

 

 

 

 

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