Attentati dinamitardi contro l’industria idroelettrica
La fonte del mese di ottobre proviene dall’archivio dell’Enel di Napoli, che testimonia la storia dell’industria elettrica italiana dalle sue origini in poi. Il documento elenca gli attentati dinamitardi subiti da impianti ed infrastrutture della Società trentina di elettricità (STE) durante la cosiddetta “Feuernacht” dell’11-12 giugno 1961.
Il documento è una lettera inviata dal tribunale di Bolzano alla STE, società controllata della Società idroelettrica piemontese (SIP) proprietaria in regione di alcune centrali e attiva anche nel campo dei trasporti. Il giudice istruttore invita la società a fornire dettagli su 13 attentati ai danni di impianti ed infrastrutture idroelettriche di sua proprietà. Di questi attacchi dinamitardi, 11 ebbero luogo nella notte tra l’11 e il 12 giugno e gli altri due, sempre nel 1961, a pochi mesi di distanza. Gli episodi elencati si riferiscono alla centrale di Sant’Antonio a Bolzano e a quella di Sarentino, entrambe sul fiume Talvera, e quella di Lana sul torrente Valsura, nonché all’esplosione di vari sostegni e tralicci alla periferia di Bolzano, in Oltradige e in Val d’Ultimo. Per comprendere la portata della Feuernacht e dei conseguenti “anni delle bombe” va aggiunto che la STE era solo una delle tante aziende operanti in Alto Adige, le quali furono tutte esposte a simili danni. La fonte del mese proviene da un (grosso) faldone che raccoglie esclusivamente materiale inerente a simili attentati.
La Feuernacht era stata orchestrata dal Befreiungsausschuss Südtirol (BAS), gruppo sorto negli anni ‘50 con l’obiettivo di ottenere l’autodeterminazione del Sudtirolo e di porre fine alla sua italianizzazione. I membri dell’organizzazione ritenevano infatti che la SVP non fosse in grado di assolvere questo compito e ambivano ad attirare l’attenzione internazionale sulla situazione sudtirolese in maniera non violenta. La linea pacifica venne però presto accantonata a favore della lotta armata. Dal 1957 in poi, iniziarono gli attentati esplosivi a edifici, infrastrutture elettriche e statue, come il monumento agli Alpini a Brunico e la scultura del “duce di alluminio” della centrale Montecatini di Ponte Gardena. Il settore idroelettrico venne preso di mira oltre che per le conseguenze tangibili dell’interruzione di energia, anche per la sua importanza simbolica associata alla “conquista” italiana. Queste azioni iniziali, 12 fino al ’59, non provocarono alcuna vittima e non sempre riuscirono. In quanto ad armi, il BAS aveva a disposizione dei rimasugli della seconda guerra mondiale e mezzi assai limitati per l’acquisto di esplosivi. Nel 1960, la frazione BAS con base in Tirolo del Nord prevalse su quella sudtirolese con la promessa di fondi ed attrezzature ed impose l’idea di un attacco su larga scala.
Tra l’11 e il 12 giugno 1961 si celebrava la cosiddetta notte dei “fuochi del Sacro Cuore”, evento che commemora il voto solenne del 1796 per la vittoria sulle truppe napoleoniche con dei falò in montagna. Durante la notte furono fatti saltare in aria 37 tralicci dell’alta tensione che, insieme alle bombe piazzate su alcune condutture d’acqua, avevano lo scopo di interrompere la fornitura d’energia elettrica alla zona industriale di Bolzano. Il piano non riuscì del tutto, infatti, come scriveva il quotidiano l’Alto Adige: la zona industriale era “paralizzata per metà”, mentre tre centrali (i tre impianti della STE elencati sopra) erano fuori funzione. Furono anche trovati, sparsi per la provincia alcuni ordigni inesplosi, uno dei quali fece una vittima nei pressi di Salorno. Gli eventi della Feuernacht portarono all’arresto di molti membri del BAS, due dei quali morirono in carcere a seguito dei maltrattamenti subiti. Negli anni ’60 si assistette cosi ad una radicalizzazione del movimento, che mieté diverse vittime prevalentemente tra le forze dell’ordine prima di cessare l’attività nel 1969.
I pareri sul rapporto tra la Feuernacht ed il raggiungimento del secondo statuto di autonomia del 1972 sono discordanti. Gli attentatori non miravano infatti all’autonomia, ma alla secessione. A questo va aggiunto che i metodi impiegati dal BAS non godettero mai del vasto supporto della popolazione di lingua tedesca, anche se tra questa era diffuso all’epoca un profondo disagio riguardo alla propria situazione. Nella percezione popolare c’era altresì accordo sul fatto che l’industria idroelettrica, sviluppatasi in regione durante il ventennio, sfruttasse le risorse del territorio a beneficio dell’economia italiana e che avesse inoltre svolto un ruolo chiave nell’italianizzazione della provincia. Le centrali e le fabbriche da esse alimentate avevano attirato in Alto Adige forza lavoro di provenienza esclusivamente italiana, che ne aveva irreversibilmente alterato la composizione etnica. Persisteva quindi un’associazione tra il settore idroelettrico e il fascismo che non cambiò neanche a seguito della nazionalizzazione del 1962, quando l’Enel sostituì le elettrocommerciali. Solo la liberalizzazione del mercato energetico europeo del 1999 e il passaggio del controllo del settore alla provincia autonoma di Bolzano ha segnato in questo senso un vero cambiamento.
Bibliografia:
Ettore Frangipane, “Strom und Attentate”, in: W. Mitterer (Hrsg.), Megawatt & Widerstand. Die Ära der Groß-Kraftwerke in Südtirol, (Bozen: Athesia, 2005), pp. 184-203.
Rolf Steininger, Die Feuernacht und was dann? Südtirol und die Bomben 1959-1969, Sonderdruck zur Dolomiten- Ausgabe nr. 132 vom 10. Juni 2011.
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Alice Riegler
Progetto Historegio: "Le trasformazioni tecnologiche e le loro ricadute in area alpina: XIX-XX secolo"
Dipartimento di Economia e Management - Università degli Studi di Trento
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